SCARABELLI, Diamante Maria, detta la Diamantina
SCARABELLI, Diamante Maria, detta la Diamantina. – Figlia di Giorgio e di Giovanna Tavolini, nacque a Bologna il 6 ottobre 1675.
Non va confusa con l’omonima e coeva concittadina maritata a Vincenzo Minghini, documentata in atti notarili e dedicataria di un sonetto nelle Poesie [...] Parte seconda di Giampietro Cavazzoni (Bologna 1741, pp. 217, 503). Per un quarto di secolo fu soprano tra i più in vista, coinvolta nel mercato canoro regolato dalle corti ducali degli Este, dei Farnese, dei Gonzaga e dei Medici. Ingaggiata nei primi teatri d’Italia, vi tenne presto il ruolo di prima donna assoluta o paritetica accanto a colleghe illustri come Maria Maddalena Musi e Margherita Durastanti (memorabile, nella partitura dell’Agrippina di Georg Friedrich Händel, la rivalità combattuta a suon di arie tra l’eroina eponima, impersonata da costei, e la Poppea della Scarabelli; cfr. Bianconi, 1985); si negò tuttavia sempre – così ancora nel 1714 (Frati, 1930, p. 399) – alle scene di Napoli, a causa del suo «renitente timor a’ viaggi» o, piuttosto, del volersi mantenere stabile su piazze già lucrose (sua lettera a Rinaldo d’Este, duca di Modena, da Venezia, 4 gennaio 1698; Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto estense, Archivio per Materie, Musica e musicisti, b. 2: Scarabelli Diamante Maria). Fu celebrata per fama anche in terra straniera (cfr. Lehms, 1715) e meravigliò non solo per le doti canore – tessitura compresa tra il re mediano e il sol acuto, modulazione immacolata, versatilità in pagine sia di bravura sia d’espressione – ma anche per quelle sceniche.
In occasione del Perseo dato a Bologna nel 1697 (libretto di Pier Iacopo Martello), ove in via straordinaria comparve en travesti, ammiratori dichiarati o sotto pseudonimo, locali ma anche da Roma e Venezia, le offrirono una raccolta di quattordici poesie dal titolo La miniera del Diamante (Modena 1697): un «non Poeta» loda in lei il concerto di «dolci moti» e «grati accenti» (p. vii); Giovanni Boschi da Novellara e il «Quadruplicato» ne magnificano la credibilità in vesti virili (pp. viii, xix s.); Ormino Boscoli le dice che ella pare ingegnarsi «con voce agile e sciolta / dar fermezza di pietra a chi t’ascolta» (p. xiii). Coeva è un’incisione veneziana di Girolamo Albrizzi con la virtuosa ritratta a mezzo busto e in costume maschile, sovrastata da Apollo e dalle Muse nonché incorniciata da nastri sui quali sono elencate le piazze ove si era già esibita; si apprende così di apparizioni non altrimenti note, a Ferrara, Livorno, Padova e Venezia (nei due ultimi casi, almeno due stagioni).
Come si evince dai libretti a stampa, quantomeno dal 1695 ebbe patente di virtuosa di Ferdinando Carlo di Gonzaga-Nevers, duca di Mantova. Decaduto e morto quest’ultimo nell’estate del 1708, nell’autunno successivo si presentò come virtuosa del cardinale Vincenzo Grimani, viceré di Napoli nonché fondatore e comproprietario del teatro di S. Giovanni Grisostomo, il più lussuoso di Venezia. Defunto anche costui nell’autunno del 1710, entro la primavera del 1712 passò al servizio di Rinaldo d’Este, ma nel Lucio Papirio del 1718 (ultima apparizione documentata) intervenne «in venerazione della Nobiltà di Bologna». I medesimi libretti, integrati con il carteggio dei protettori e altre testimonianze riportate alla luce, consentono di ricostruire una cronologia della carriera.
Spicca l’assidua presenza nel teatro veneziano di S. Giovanni Grisostomo, ove la Scarabelli si esibì nelle stagioni del 1695 (Carnevale: Irene di Carlo Francesco Pollarolo; Selfridge-Field, 2007, p. 210), 1698 (Carnevale: lo si evince dalla citata lettera a Rinaldo d’Este), 1700-1701 (autunno: Il delirio comune di Pollarolo; Selfridge-Field, 2007, p. 245; carnevale: Catone uticense, probabilmente del medesimo), 1703 (Carnevale: L’odio e l’amore di Pollarolo e/o Giuseppe Aldrovandini e Venceslao di Pollarolo; ibid., p. 254), 1707 (Carnevale: Il Mitridate Eupatore e probabilmente anche Il trionfo della libertà di Alessandro Scarlatti; in quell’occasione il compositore fu satireggiato da Bartolomeo Dotti giacché «ei protegge, a quel ch’intendo, /| una giovine meschina, / e la stima, oh caso orrendo! / molto più di Diamantina»: Satire, II, Ginevra 1757, p. 105; Frati, 1915; Selfridge-Field, 1998, p. 242 s.), 1707-1708 (autunno: Il selvaggio eroe di Antonio Caldara; carnevale: La Partenope del medesimo e Alessandro in Susa di Luigi Mancia), 1708-1709 (autunno: Sofonisba di Caldara; Carnevale: Il vincitor generoso di Antonio Lotti), 1709-1710 (autunno: Ama più chi men si crede del medesimo; Carnevale: Agrippina di Händel e Il comando non inteso et ubbidito di Lotti), 1710-1711 (autunno: Isacio tiranno di Lotti; Carnevale: Il tradimento traditor di sé stesso del medesimo), 1711-1712 (autunno: La forza del sangue del medesimo; Carnevale: Publio Cornelio Scipione di Pollarolo), 1712-1713 (autunno: L’infedeltà punita del medesimo e Lotti; Carnevale: Spurio Postumio di Pollarolo e Porsena di Lotti).
Quanto agli altri teatri della penisola, la Scarabelli comparve dapprima nel 1692 sulle scene di Crema («fiera», cioè marzo-aprile: una rielaborazione del Pausania di Giovanni Legrenzi) e Lodi (novembre: Endimione di Paolo Magni e Giacomo Griffini, ripresa tre anni dopo), ov’era ancora l’anno successivo (gennaio: La Rosmene, probabilmente di Scarlatti). Nel 1695-96 al teatro Ducale di Torino (personalmente apprezzata dal duca Vittorio Amedeo II: Cordero di Pamparato, 1929; autunno: L’Anfitrione di Plauto di Angelo Domenico Legnani e Francesco Fasoli; Carnevale: una rielaborazione dell’Amazone corsara di Carlo Pallavicino) e al Malvezzi di Bologna (agosto: Dafni di Aldrovandini; Ricci, 1888, p. 377 s.). Nel 1697 sulla scena di Mantova (L’amore figlio del merito di Marc’Antonio Ziani) e al Malvezzi (giugno: il citato Perseo del medesimo insieme con Aldrovandini, Giacomo Antonio Perti, Pollarolo e Bernardo Sabadini). Nel 1699 al Regio Ducale di Milano (Carnevale: Ariovisto di Perti, Magni e Francesco Ballarotti, e La prosperità di Elio Seiano di Francesco Antonio Vanarelli, Perti e Francesco Martinengo), sulla scena di Parma o Piacenza (La caduta de’ decemviri di Ballarotti o Scarlatti), al Malvezzi (agosto-settembre: Gli amici di Pirro Albergati Capacelli) e al Ducale di Torino (autunno: L’incoronazione di Dario di Legnani). Nel 1700 su quest’ultima scena (Carnevale: una rielaborazione del Muzio Scevola di Giovanni Bononcini), al teatro del Pubblico di Reggio («fiera», cioè aprile-maggio: L’odio padre d’amore di ignoto), al Formagliari di Bologna (agosto-settembre: Le due auguste di Aldrovandini; ai preparativi dello spettacolo si riferisce un documento con la paga richiesta dalle «cantatrici» prese in considerazione: la Scarabelli, con 260 doppie di Spagna, era seconda soltanto alla Musi, che ne intascava ben 500; Ricci, 1888, p. 96 s.) e al Monfredini di Rovigo (autunno: Prassitele in Gnido di Agostino Bonaventura Coletti). Nel 1702 sulla scena di Siena (estate: una rielaborazione del Tullo Ostilio di Bononcini e La Giuditta di Baviera di ignoto). Nel 1703 al teatro Nuovo di Casale Monferrato (dove la corte gonzaghesca si era trasferita in seguito all’assedio imperiale di Mantova; Gli equivoci del sembiante di Caldara). Nel 1704 in una serenata eseguita all’aperto sul Canal Grande di Venezia (10 settembre: Da la virtude ha la bellezza onore di Pollarolo). Nel 1705 al S. Agostino di Genova (Carnevale: L’Arminio e L’onestà nelli amori di Caldara) e sulla scena di Pavia (Il Meleagro di Martinengo, Magni e Sabadini). Nel 1707 al teatro di Piazza di Vicenza (maggio: La fede ricconosciuta di ignoto). Nel 1708 al Malvezzi (maggio-giugno: Il fratricida innocente di Perti) e lì ancora nel 1709 (primavera: L’inimico generoso di Caldara ed Engelberta, lavoro probabilmente collettivo). Nel 1710 al teatro di Piazza di Vicenza (maggio: La Silvia di ignoto). Nel 1711 al Formagliari (primavera: Il Giustino di Tomaso Albinoni). Nel 1712 al Pubblico di Reggio («fiera»: una ripresa del Tradimento traditor di sé stesso di Lotti, reintitolato La virtù trionfante dell’inganno) e al Bonacossi di Ferrara (maggio-giugno: Teuzzone di Giuseppe Maria Orlandini e altri ignoti). Nel 1713 al Pubblico di Reggio (maggio-giugno: Il trionfo di Camilla di Andrea Stefano Fiorè). Nel 1714, dopo aver disatteso un contratto con Genova e suscitato le ire del duca di Modena, essersi di conseguenza vista sfumare l’ingaggio a Milano per il Carnevale ed essersi infine rivolta alla corte romana di Maria Casimira, regina vedova di Polonia, per recitare un’opera nel suo teatro domestico (probabilmente Amor d’un’ombra e gelosia d’un’aura di Domenico Scarlatti), ancora al Pubblico di Reggio (maggio: L’Eumene di Francesco Gasparini). Nel 1715 al Ss. Giovanni e Paolo di Venezia (Carnevale: Marsia deluso di Pollarolo e Polidoro di Lotti), al teatro delle Grazie di Vicenza (maggio: Tetide in Sciro di Pollarolo) e al Bonacossi di Ferrara (maggio-giugno: La caccia in Etolia di Fortunato Chelleri). Nel 1715-16 al S. Angelo di Venezia (autunno: Alessandro fra le amazoni di Chelleri; Carnevale: L’amor di figlio non conosciuto di Albinoni e Il più fedel fra i vassalli di Gasparini). Nel 1718 al Formagliari (giugno-luglio: Lucio Papirio di Orlandini).
Accumulato un cospicuo patrimonio e abbandonate le scene, aprì la propria casa ad accademie di poesia e musica (una nel 1725: Frati, 1930, p. 400).
Morì a Bologna il 5 aprile 1754, vedova di Giacinto Donati, e fu tumulata nel santuario del Corpus Domini.
Fonti e Bibl.: Bologna, Archivio generale arcivescovile, Registri battesimali della Cattedrale: 1675, t. 128, c. 215; ibid., Parrocchie soppresse, S. Maria della Ceriola, 24/1, t. 7, c. 65r; Archivio di Stato di Bologna, Notarile, Gregorio Ferri, 5/9, 1754, ad dies 5-6 aprile; Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto estense, Archivio per Materie, Musica e musicisti, b. 2: Diamante e Scarabelli Diamante Maria; G.Chr. Lehms, Teutschlands galante Poetinnen mit ihren sinnreichen und netten Proben, Frankfurt a.M. 1715, c. f2r; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, III, 2, Milano 1744, p. 535; C. Ricci, I teatri di Bologna nei secoli XVII e XVIII, Bologna 1888, ad ind.; L. Frati, Satire di musicisti, in Rivista musicale italiana, XXII (1915), pp. 561 s.; S. Cordero di Pamparato, Il Teatro Regio dal 1678 al 1814, I, Il Teatro Ducale, o di S. Giovanni, in Torino. Rassegna mensile, IX (1929), 7, p. 566; L. Frati, Donne musiciste bolognesi, in Rivista musicale italiana, XXXVII (1930), pp. 399 s.; L. Bianconi, L’Agrippina moderna alla francese, in Agrippina, Gran Teatro La Fenice, Venezia 1985, pp. 631-654 (programma di sala); F. Marri, Muratori, la musica e il melodramma negli anni milanesi (1695-1700), in Muratoriana, a cura di F. Marri, Modena 1989, pp. 38, 104 s., 110, 116 s.; E. Selfridge-Field, “La guerra de’ comici”: Mantuan comedy and Venetian opera in ca. 1700, in Recercare, X (1998), pp. 240, 242 s.; Id., A new chronology of Venetian opera and related genres, 1660-1760, Stanford 2007, ad ind.; F. Fantappiè, Dalla corte agli impresari. Giovan Battista Tamburini: strategie di carriera di un contralto tra Sei e Settecento, in Musica e storia, XVII (2009), pp. 328, 334, 337, 344 s.; C. Reardon, A sociable moment: opera and festive culture in baroque Siena, New York 2016, ad indicem.